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venerdì 30 marzo 2018

RKC Live Stream - Sulle Rive del Gange 06

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RKC Live Stream - La Perfezione dello Yoga 11

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RKC Live Stream - Sotto il Segno dei Veda 07

Episodio https://ift.tt/2IfYUKV

RKC Live Stream - Krishna Caitanya 10

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RicetteDelCuoreDiCristina13

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Stretching in ufficio: sbloccare collo, spalle e schiena

 

Dolore alle spalle, collo bloccato, schiena incriccata? Ecco gli esercizi posturali di allungamento per sciogliere muscoli contratti e indolenziti in ufficio.

Continua a leggere sul sito 3GoodNews

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Stretching in ufficio: sbloccare collo, spalle e schiena

 

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Le dispersioni termiche negli edifici

Il patrimonio edilizio italiano non è efficiente, sprechiamo energia d’inverno per scaldarci e d’estate lasciamo che il calore penetri in casa. Colpa delle dispersioni termiche.

“Tutti in classe A”

Nel 2014 Legambiente ha presentato i risultati della campagna “Tutti in classe A”, una radiografia energetica degli edifici italiani, da Bolzano a Catania. Ancora oggi è la più aggiornata “fotografia” dell’efficienza termica delle case italiane. Legambiente ha eseguito 500 analisi termografiche sia su edifici di vecchia costruzione sia su abitazioni nuove, rivelando le dispersioni termiche.

Tutti in classe A Legambiente

Nella foto un esempio. A sinistra un edificio di Bolzano senza dispersioni termiche: la colorazione è uniforme su tutta la facciata. A destra un condominio di Potenza con molte variazioni di colore e quindi molte dispersioni termiche. Si noti come le zone più gialle, quelle che catturano il calore dall’interno e lo trasmettono all’esterno, corrispondono a solai, infissi, pilastri, tutti elementi strutturali dell’edificio. Tecnicamente vengono detti “ponti termici”.
Legambiente fa sapere che “la spesa annua delle famiglie per il riscaldamento e raffrescamento delle abitazioni varia tra i 1.500 e i 2.000 euro all’anno. Può essere ridotta fino al 50% con interventi di efficienza energetica negli edifici e con impianti che possono rendere più confortevoli sia d’inverno che d’estate le case in cui viviamo.”

Quali sono stati i risultati di “Tutti in classe A”?

Scrive Legambiente nel rapporto finale: “Il primo campo di analisi delle termografie ha riguardato gli edifici di recente costruzione realizzati nel periodo post direttiva europea 2002, che aveva già indicato con chiarezza la direzione di innovazione che si voleva promuovere nel settore. Dunque, quando erano chiari tutti i riferimenti in materia di risparmio energetico e isolamento per chi aveva la responsabilità di progettare e costruire. Inoltre gli edifici costruiti in questi anni hanno beneficiato di una fase di crescita straordinaria degli immobili e di una lievitazione dei prezzi, case costruite nel momento del boom edilizio, vendute spesso a cifre superiori a 3/4000 euro al metro quadro, e che quindi avrebbero facilmente permesso di ripagare qualsiasi tipo di intervento di isolamento delle pareti. Gli edifici costruiti in questo periodo che sono stati analizzati mostrano, purtroppo, evidenti criticità. Su quasi tutti gli edifici (anche per alcuni che si promuovono come “biocase” o “a basso consumo energetico”) si ravvisano, attraverso le termografie, ricorrenti problemi di elementi disperdenti con distribuzione di temperature superficiali estremamente eterogenee soprattutto fra tamponature e strutture portanti in cemento armato.”

E gli edifici più vecchi?

Gli edifici costruiti nel secondo dopoguerra rappresentano senza dubbio un importante campo dove intervenire per ripensare alla qualità delle abitazioni e abbattere i consumi energetici: degli edifici costruiti tra il 1946 e il 1991 – che rappresentano i tre quarti dell’edilizia in Italia – si stima che ad essere in condizioni pessime o mediocri sia almeno il 30%. Spiega Legambiente: “Le termografie effettuate su edifici ad uso residenziale e direzionale, costruiti fra gli anni cinquanta e i primi anni novanta, mostrano comportamenti termici che ci potevamo aspettare perché costruiti spesso di fretta, con materiali scadenti e poca attenzione al risparmio energetico. In alcuni casi, il deterioramento dei materiali e l’assenza di manutenzione di fabbricati e impianti vanno ad accentuare i problemi di inerzia termica degli involucri, con ponti termici che delineano con precisione i telai portanti delle strutture, i caloriferi interni sottostanti le finestre e collettori montanti degli impianti per il riscaldamento invernale.”

Buono invece il comportamento delle case in classe energetica A: “Le termografie effettuate su edifici certificati in “classe A” a Bolzano, Firenze, Udine, Perugia, Bari e in altre città italiane sono chiarissime, e proprio confrontandole con strutture groviera permettono di toccare con mano i vantaggi di una edilizia di qualità.”

Come faccio a sapere se la mia casa ha dispersioni termiche?

Questo è uno dei nodi del problema. Per anni i cittadini italiani hanno avuto forti difficoltà a conoscere il consumo energetico e di riscaldamento dell’abitazione in cui vivono. Nel nord Europa l’informazione viaggia capillarmente attraverso associazioni che spesso vedono la partecipazione dello Stato o delle Regioni; in Italia invece i diritti e gli obblighi sanciti dalle direttive europee e dalle leggi nazionali – che obbligano a calcolare i consumi energetici delle abitazioni (attraverso le certificazioni) e a renderlo disponibile per le famiglie – sono rimasti a lungo carta bianca, e solo ultimamente si sta diffondendo una nuova coscienza che vede le certificazioni come un atto non meramente formale ma come uno strumento fondamentale per avere informazioni preziose su eventuali interventi che potrebbero ridurre i consumi e le bollette. A proprie spese si può far realizzare una perizia termografica da un’azienda specializzata, costo da 500 a 1.000 euro a seconda superficie commerciale della struttura.

Quali le soluzioni?

Uno degli interventi che meglio permettono di evitare dispersioni nell’edificio è il cosiddetto “cappotto termico” (o isolamento a cappotto): si tratta di strati di materiali diversi a bassa conduttività termica (pannelli di fibre di legno incollate e pressate, pannelli di impasti di fibre di canapa e calce, sughero…) che vengono applicati sulle facciate esterne dell’edificio coibentandolo. E’ possibile anche il cappotto interno ma è molto meno appetibile, in quanto toglie spazio agli ambienti.

Il cappotto termico si può fare sia su edifici in costruzione sia su case in ristrutturazione, con tagli dei consumi energetici che possono arrivare anche al 40-50%. E’ anche un ottimo isolamento acustico.

In commercio ci sono molte diverse proposte per facciate, tetti, diversi materiali e diverse tecniche di messa in posa. Quattro i fattori importanti da tenere presente; lo spessore del cappotto: maggiore spessore, maggiore potere isolante. La “conducibilità termica” (la cui sigla è “lambda”): più piccola è, più il materiale coibenta. Lo “sfasamento termico”, il tempo (in ore) impiegato dal calore per passare attraverso il cappotto e raggiungere l’interno dell’abitazione. Infine la “resistenza di diffusione al vapore”: tanto più piccolo è questo valore, tanto più il materiale è traspirante.
Stabiliti questi parametri la scelta dei materiali per il cappotto termico deve anche tenere conto dell’atossicità, della durevolezza e della resistenza al fuoco.

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mercoledì 28 marzo 2018

Queste cellule del cervello hanno funzioni inaspettate: così ci regolano la vita

Altrogiornale.org
Queste cellule del cervello hanno funzioni inaspettate: così ci regolano la vita.

Un team di ricerca della Washington University di St. Louis ha scoperto che gli astrociti, particolari cellule gliali del sistema nervoso centrale, svolgono una funzione fondamentale nella regolazione dell’orologio biologico interno. Sino ad oggi si riteneva che queste cellule, oltre ad altre funzioni ‘minori’, giocassero un semplice ruolo riempitivo e di protezione all’interno del sistema

Queste cellule del cervello hanno funzioni inaspettate: così ci regolano la vita
Richard.

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Queste cellule del cervello hanno funzioni inaspettate: così ci regolano la vita.

Un team di ricerca della Washington University di St. Louis ha scoperto che gli astrociti, particolari cellule gliali del sistema nervoso centrale, svolgono una funzione fondamentale nella regolazione dell’orologio biologico interno. Sino ad oggi si riteneva che queste cellule, oltre ad altre funzioni ‘minori’, giocassero un semplice ruolo riempitivo e di protezione all’interno del sistema

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RKC Live Stream - Salute e Vita 06

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RKC Live Stream - Caitanya Caritamrita 04

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RKC Live Stream - Srila Prabhupada Lilamrita 011

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RKC Live Stream - Krishna Prema Show 18

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RKC Live Stream - Sintesi della Bhagavad-Gita 05 (Cap 3)

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RKC Live Stream - Scienza nella Conoscenza 16

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RKC Live Stream - Fuori Dal Tempo 11

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Tre eventi tutti italiani che ci rendono amici della natura

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(clicca sul link qui sopra per leggere il comunicato)

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martedì 27 marzo 2018

Quattro parole che curano

Nella mia funzione di manager a krishna.com ho molte attività da svolgere. Mi prendo cura che gli uffici siano puliti, programmo gli orari di servizio, lo stoccaggio degli articoli oltre a tante altre mansioni; quindi le cose interessanti da fare non mi mancano. Una delle cose che devo fare è anche collaborare con chi tiene la contabilità, che proprio oggi mi ha fatto notare che ho dimenticato di sottrarre un credito dall’acquisto fatto da un cliente; si è accorto del mio errore e lo ha corretto da solo.

Mi dispiace” gli ho detto, e poi l’ho ringraziato per la correzione.

Il dire quelle due parole, “scusa” e “grazie” mi ha fatto ricordare una storia vera che ho sentito raccontare qualche anno fa in una conferenza. È una storia avvenuta in un carcere psichiatrico, per il quale era sempre molto difficile trovare uno psichiatra in quanto l’atmosfera era veramente opprimente e si doveva continuamente rimpiazzare il personale. Spesso i detenuti litigavano, l’ultimo psichiatra aveva gettato la spugna e i responsabili del carcere non erano riusciti a trovare nessun altro per sostituirlo.

Quando a una certa persona (di cui non ricordo il nome, ma ricordo solo che era Hawaiano di origine) venne chiesto se voleva accettare il posto di psichiatra presso il carcere, lui disse che avrebbe accettato, ma solo a due condizioni. La prima era che avrebbe dovuto avere un suo ufficio personale con tutta la documentazione di ogni singolo detenuto. La seconda, che non avrebbe incontrato personalmente nessun detenuto. Sembravano delle richieste strane, ma nessun altro si voleva proporre per quell’incarico e così lui ottenne il posto.

Quello che faceva era di sedersi nel suo ufficio, prendere visione della documentazione di un detenuto per volta, leggerla, e poi guardando la foto del detenuto diceva queste quattro semplici frasi, e le ripeteva continuamente:

Scusami…perdonami…grazie… ti voglio bene.

Questa era la sua pratica quotidiana, per otto ore al giorno. Dopo alcune settimane, le persone cominciarono a notare un cambiamento nell’atmosfera del carcere. Le liti tra detenuti erano diminuite. C’era anche una minore frequenza di rimpiazzi tra il personale. I detenuti cominciarono a migliorare il loro comportamento e ad essere rilasciati; qualcosa che non era mai accaduto fino ad allora.

Ogni volta che mi ricordo di questa storia (vera) cerco di mettere in pratica quei principi nella mia vita. Un insegnamento che possiamo trarre è che non c’è bisogno di essere in presenza di qualcuno per avere una grande influenza sulla sua vita. Voi potete pregare per delle persone, e avere fede che Krishna (che a volte è descritto come il Tempo stesso) farà accadere delle cose meravigliose nel loro cuore. Una cosa che mi ha colpito di questa storia è l’assenza di condanna e di parole pesanti. Invece di leggere i vari ‘curriculum’ e pensare:

Io non avrei mai potuto fare una cosa del genere,

il nostro bravo medico aveva trovato un modo per provare empatia per quei criminali. Forse sapeva che in Kali-yuga sia il demone che il devoto convivono in ognuno di noi, e in questo modo aveva capito che quei detenuti erano diventati vittime dei nostri comuni nemici: la lussuria, l’avidità, l’invidia, il lamento e l’illusione. Forse stava dicendo loro:

Mi dispiace, non sono stato capace di fare in modo che voi vi asteniate dal soccombere a queste forze.

In ogni caso, sono stata felice di aver avuto la possibilità di ricordarmi di questo episodio e vi ringrazio per avermi dato la possibilità di condividerlo con voi.

Perdonatemi se ho scritto qualcosa che non vi è piaciuto, io vi voglio bene perché siete parti di Krishna, che spero di poter veramente amare puramente in una di queste vite.

Vegavati devi dasi

(da KRISHNAblogs)

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Quattro parole che curano

Nella mia funzione di manager a krishna.com ho molte attività da svolgere. Mi prendo cura che gli uffici siano puliti, programmo gli orari di servizio, lo stoccaggio degli articoli oltre a tante altre mansioni; quindi le cose interessanti da fare non mi mancano. Una delle cose che devo fare è anche collaborare con chi tiene la contabilità, che proprio oggi mi ha fatto notare che ho dimenticato di sottrarre un credito dall’acquisto fatto da un cliente; si è accorto del mio errore e lo ha corretto da solo.

Mi dispiace” gli ho detto, e poi l’ho ringraziato per la correzione.

Il dire quelle due parole, “scusa” e “grazie” mi ha fatto ricordare una storia vera che ho sentito raccontare qualche anno fa in una conferenza. È una storia avvenuta in un carcere psichiatrico, per il quale era sempre molto difficile trovare uno psichiatra in quanto l’atmosfera era veramente opprimente e si doveva continuamente rimpiazzare il personale. Spesso i detenuti litigavano, l’ultimo psichiatra aveva gettato la spugna e i responsabili del carcere non erano riusciti a trovare nessun altro per sostituirlo.

Quando a una certa persona (di cui non ricordo il nome, ma ricordo solo che era Hawaiano di origine) venne chiesto se voleva accettare il posto di psichiatra presso il carcere, lui disse che avrebbe accettato, ma solo a due condizioni. La prima era che avrebbe dovuto avere un suo ufficio personale con tutta la documentazione di ogni singolo detenuto. La seconda, che non avrebbe incontrato personalmente nessun detenuto. Sembravano delle richieste strane, ma nessun altro si voleva proporre per quell’incarico e così lui ottenne il posto.

Quello che faceva era di sedersi nel suo ufficio, prendere visione della documentazione di un detenuto per volta, leggerla, e poi guardando la foto del detenuto diceva queste quattro semplici frasi, e le ripeteva continuamente:

Scusami…perdonami…grazie… ti voglio bene.

Questa era la sua pratica quotidiana, per otto ore al giorno. Dopo alcune settimane, le persone cominciarono a notare un cambiamento nell’atmosfera del carcere. Le liti tra detenuti erano diminuite. C’era anche una minore frequenza di rimpiazzi tra il personale. I detenuti cominciarono a migliorare il loro comportamento e ad essere rilasciati; qualcosa che non era mai accaduto fino ad allora.

Ogni volta che mi ricordo di questa storia (vera) cerco di mettere in pratica quei principi nella mia vita. Un insegnamento che possiamo trarre è che non c’è bisogno di essere in presenza di qualcuno per avere una grande influenza sulla sua vita. Voi potete pregare per delle persone, e avere fede che Krishna (che a volte è descritto come il Tempo stesso) farà accadere delle cose meravigliose nel loro cuore. Una cosa che mi ha colpito di questa storia è l’assenza di condanna e di parole pesanti. Invece di leggere i vari ‘curriculum’ e pensare:

Io non avrei mai potuto fare una cosa del genere,

il nostro bravo medico aveva trovato un modo per provare empatia per quei criminali. Forse sapeva che in Kali-yuga sia il demone che il devoto convivono in ognuno di noi, e in questo modo aveva capito che quei detenuti erano diventati vittime dei nostri comuni nemici: la lussuria, l’avidità, l’invidia, il lamento e l’illusione. Forse stava dicendo loro:

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È arrivato! Il mio primo libro pubblicato da Amazon!



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Revisione blog con Jacopo Fo (Seconda puntata)

Il blog di cui di discute è https://icartonianimatisecondoalbertowww.blogspot.it/

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lunedì 26 marzo 2018

Maria Maddalena: il 13° Apostolo

Altrogiornale.org
Maria Maddalena: il 13° Apostolo.

Acqua e Spirito. Nonostante il termine ebraico Ruach, non significhi Spirito, sono alcune delle prime parole del Libro della Genesi e i due concetti più ricorrenti nel film Maria Maddalena: «un ritratto autentico e umano di una delle più enigmatiche e incomprese figure spirituali della storia»[1].
Sebbene la figura della Maddalena (da Magdala, la città

Maria Maddalena: il 13° Apostolo
prixi.

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Acqua e Spirito. Nonostante il termine ebraico Ruach, non significhi Spirito, sono alcune delle prime parole del Libro della Genesi e i due concetti più ricorrenti nel film Maria Maddalena: «un ritratto autentico e umano di una delle più enigmatiche e incomprese figure spirituali della storia»[1].
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Consumiamo troppe troppe troppe cannucce di plastica!

In discarica ci vogliono 500 anni per smaltirle.
Proprio da Londra è partita una campagna per metterle al bando e chiedere ai produttori alternative più sostenibili per l’ambiente. In Italia la campagna è portata avanti da Marevivo.

“La plastica usa e getta negli ultimi anni ci ha invaso, è ovunque, è entrata a far parte della nostra vita quotidiana. Si è trasformata in un mostro invisibile – spiega Rosalba Giugni, presidente di Marevivo – e non ci siamo resi conto dei danni devastanti che stava causando alla fauna marina e al suo habitat. Le cannucce entrano nelle narici delle tartarughe e nell’esofago degli animali. Abbiamo così deciso di lanciare questa campagna perché le abitudini dell’uomo non possono sempre avere ripercussioni sugli animali e l’ambiente, soprattutto quando esistono valide alternative per evitarle”.
Scrive l’AdnKronos: “Già nel Regno Unito tantissime catene di pub, bar e ristoranti hanno rinunciato alla cannucce tradizionali in plastica preferendo quelle ecologiche. Marriott International, l’aeroporto di London City, Eurostar sono tra le ultime aziende che hanno aderito. E per volere della Regina Elisabetta, le cannucce in plastica saranno bandite dalle proprietà reali, nei ristoratori interni di Buckingham Palace, del Castello di Windsor e del Palazzo di Holyroodhouse. Lo stesso nei caffè, bar e mensa del Parlamento scozzese e anche il Museo di storia naturale di Londra ha deciso di eliminarne l’uso.”

Una possibile soluzione: le cannucce biodegradabili e commestibili
Alla fiera “Fa la cosa giusta Umbria 2017” abbiamo conosciuto Sorbos, azienda italiana che ha inventato la prima cannuccia 100% biodegradabile e commestibile del mondo.
E’ fatta con zucchero glassato (solo 23 calorie), amido di mais e acqua, mantiene la sua rigidità all’interno della bevanda per circa 40 minuti. Disponibile in 7 diversi aromi.
Ed è buonissima!

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Consumiamo troppe troppe troppe cannucce di plastica!

In discarica ci vogliono 500 anni per smaltirle.
Proprio da Londra è partita una campagna per metterle al bando e chiedere ai produttori alternative più sostenibili per l’ambiente. In Italia la campagna è portata avanti da Marevivo.

“La plastica usa e getta negli ultimi anni ci ha invaso, è ovunque, è entrata a far parte della nostra vita quotidiana. Si è trasformata in un mostro invisibile – spiega Rosalba Giugni, presidente di Marevivo – e non ci siamo resi conto dei danni devastanti che stava causando alla fauna marina e al suo habitat. Le cannucce entrano nelle narici delle tartarughe e nell’esofago degli animali. Abbiamo così deciso di lanciare questa campagna perché le abitudini dell’uomo non possono sempre avere ripercussioni sugli animali e l’ambiente, soprattutto quando esistono valide alternative per evitarle”.
Scrive l’AdnKronos: “Già nel Regno Unito tantissime catene di pub, bar e ristoranti hanno rinunciato alla cannucce tradizionali in plastica preferendo quelle ecologiche. Marriott International, l’aeroporto di London City, Eurostar sono tra le ultime aziende che hanno aderito. E per volere della Regina Elisabetta, le cannucce in plastica saranno bandite dalle proprietà reali, nei ristoratori interni di Buckingham Palace, del Castello di Windsor e del Palazzo di Holyroodhouse. Lo stesso nei caffè, bar e mensa del Parlamento scozzese e anche il Museo di storia naturale di Londra ha deciso di eliminarne l’uso.”

Una possibile soluzione: le cannucce biodegradabili e commestibili
Alla fiera “Fa la cosa giusta Umbria 2017” abbiamo conosciuto Sorbos, azienda italiana che ha inventato la prima cannuccia 100% biodegradabile e commestibile del mondo.
E’ fatta con zucchero glassato (solo 23 calorie), amido di mais e acqua, mantiene la sua rigidità all’interno della bevanda per circa 40 minuti. Disponibile in 7 diversi aromi.
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Revisione blog con Jacopo Fo (Prima puntata)

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Ci scusiamo per il disagio

La nostra bella Italia gode di moltissimi pregi tra cui il servizio di trasporto ferroviario, purtroppo, non è in cima alla classifica. Demonizzare oggi qui Trenitalia & Co. sarebbe troppo facile. D’altronde siamo freschi freschi di tilt nazionale causato della neve e soppressioni a macchia d’olio per colpa del gelicidio. Gelicidio? Una parola che, prima di questo allarme meteo e di queste previsioni apocalittiche, sfido chiunque ad aver mai utilizzato, e di cui invece giornali e siti ufficiali delle compagnie ferroviarie hanno quasi abusato per pure ragioni sensazionalistiche. Ma di cosa stiamo parlando, di un gelo assassino? Una morte causa scivolamento sul ghiaccio? Niente di tutto ciò. Come da definizione Treccani il Gelicidio è un fenomeno meteorologico piuttosto raro, per il quale l’acqua piovana, cadendo con temperatura inferiore a 0°C si congela rapidamente a contatto degli oggetti colpiti, rivestendo tutto di ghiaccio liscio e limpido e arrecando gravissimi danni alla vegetazione.

Ma, al di là del significato enciclopedico del termine e della situazione puramente emergenziale del mese scorso, ritardo ferroviario e soppressione delle corse all’ultimo minuto, dal Nord a Sud Italia, sono all’ordine del giorno. Il popolo dei pendolari è costretto a convivere ogni mattina con il dubbio e la non sicurezza di arrivare dove deve andare. Le motivazioni, quando arrivano, sono svariate e spesso prevedibili. Cosa che ci fa arrabbiare ancora di più. Ma perché ci avvertono 2 minuti prima della soppressione e/o ritardo di un treno? 

Inoltre, il disagio maggiore ricade su quelle fasce di habitué, lavoratori e studenti. La domanda che sorge spontanea è: quali possono essere le motivazioni per cui il treno infrasettimanale delle 7.50 viene soppresso, tempeste di ghiaccio e guasti a parte?

E, oltre alla libertà di lamentarci, quali sono i diritti del viaggiatore che, comprato e correttamente obliterato il titolo di viaggio, non si vede garantito il servizio di trasporto pubblico?

In due parole: molto pochi.

Soffermiamoci su questi molto pochi diritti ai quali possiamo appellarci a seguito di un treno regionale mai arrivato o arrivato troppo in ritardo per quelle che erano le esigenze del viaggiatore. Secondo una sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea emessa già nel settembre 2013, si ha diritto al rimborso parziale del costo biglietto in caso di ritardi e soppressioni di corse. Inoltre, il regolamento comunitario sui diritti dei passeggeri nel trasporto su rotaie non esonera le imprese ferroviarie dall’obbligo d’indennizzo per il prezzo del biglietto qualora il ritardo sia imputabile anche a una causa di forza maggiore. Ergo, maltempo compreso.

Bene, cosa può fare allora il singolo passeggero nella pratica? Chiedere, nei casi sopra citati e per i biglietti di corsa semplice su treno regionale, un rimborso parziale del prezzo del biglietto.

Nel caso di ritardo tra il luogo di partenza e il luogo di destinazione indicati sul biglietto, il passeggero potrà chiedere un’indennità pari a:

  • 25% del prezzo del biglietto in caso di ritardo compreso tra 60 e 119 minuti (tale indennità è riconosciuta per biglietti pari almeno a €16,00);
  • 50% del prezzo del biglietto in caso di ritardo dai 120 minuti in su (tale indennità è riconosciuta per biglietti pari almeno a €8,00).

E questo, facendosi due calcoli veloci, cosa significa? Che non si possono MAI avere rimborsi per biglietti di importo inferiore a 8€! Non solo, per i biglietti tra gli 8€ e i 16€, bisogna “sperare” in un ritardo di almeno due ore per avere un rimborso del 50% (quindi compreso tra 4€ e 8€). E tutto questo, tra l’altro, in contrasto con quanto previsto dalla Corte Europea, ovvero che, a seguito di un ritardo superiore ai 60 minuti, il biglietto va sempre rimborsato. Inutile sottolineare come questo escluda tutti quei viaggiatori su piccola tratta.

Un’altra situazione, purtroppo diffusa, è quella in cui si acquista un biglietto ma, successivamente, dal momento che il servizio non è più garantito (per cancellazioni o ritardi) si opta per mezzi di trasporto alternativi. Perché in questo caso si dovrebbe avere un rimborso parziale piuttosto che totale?

I pendolari, per far fronte a questi disagi, si sono messi in rete sfruttando i canali dei social network per condividere informazioni utili in tempo reale e per sdrammatizzare le talvolta rocambolesche e surreali avventure che si trovano ad affrontare, giorno per giorno. Per fortuna che il senso dell’umorismo non manca! Di seguito qualche scatto di chi, decidendo di non farsi venire il fegato amaro, affronta la giornata e i suoi imprevisti con il sorriso e ci fa pensare: domani è un altro giorno!





Photo Credit: Foto prese, con il consenso degli amministratori, dal gruppo Facebook “ Io odio Trenitalia” e “Aspettando Trenitalia”.

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Ci scusiamo per il disagio

La nostra bella Italia gode di moltissimi pregi tra cui il servizio di trasporto ferroviario, purtroppo, non è in cima alla classifica. Demonizzare oggi qui Trenitalia & Co. sarebbe troppo facile. D’altronde siamo freschi freschi di tilt nazionale causato della neve e soppressioni a macchia d’olio per colpa del gelicidio. Gelicidio? Una parola che, prima di questo allarme meteo e di queste previsioni apocalittiche, sfido chiunque ad aver mai utilizzato, e di cui invece giornali e siti ufficiali delle compagnie ferroviarie hanno quasi abusato per pure ragioni sensazionalistiche. Ma di cosa stiamo parlando, di un gelo assassino? Una morte causa scivolamento sul ghiaccio? Niente di tutto ciò. Come da definizione Treccani il Gelicidio è un fenomeno meteorologico piuttosto raro, per il quale l’acqua piovana, cadendo con temperatura inferiore a 0°C si congela rapidamente a contatto degli oggetti colpiti, rivestendo tutto di ghiaccio liscio e limpido e arrecando gravissimi danni alla vegetazione.

Ma, al di là del significato enciclopedico del termine e della situazione puramente emergenziale del mese scorso, ritardo ferroviario e soppressione delle corse all’ultimo minuto, dal Nord a Sud Italia, sono all’ordine del giorno. Il popolo dei pendolari è costretto a convivere ogni mattina con il dubbio e la non sicurezza di arrivare dove deve andare. Le motivazioni, quando arrivano, sono svariate e spesso prevedibili. Cosa che ci fa arrabbiare ancora di più. Ma perché ci avvertono 2 minuti prima della soppressione e/o ritardo di un treno? 

Inoltre, il disagio maggiore ricade su quelle fasce di habitué, lavoratori e studenti. La domanda che sorge spontanea è: quali possono essere le motivazioni per cui il treno infrasettimanale delle 7.50 viene soppresso, tempeste di ghiaccio e guasti a parte?

E, oltre alla libertà di lamentarci, quali sono i diritti del viaggiatore che, comprato e correttamente obliterato il titolo di viaggio, non si vede garantito il servizio di trasporto pubblico?

In due parole: molto pochi.

Soffermiamoci su questi molto pochi diritti ai quali possiamo appellarci a seguito di un treno regionale mai arrivato o arrivato troppo in ritardo per quelle che erano le esigenze del viaggiatore. Secondo una sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea emessa già nel settembre 2013, si ha diritto al rimborso parziale del costo biglietto in caso di ritardi e soppressioni di corse. Inoltre, il regolamento comunitario sui diritti dei passeggeri nel trasporto su rotaie non esonera le imprese ferroviarie dall’obbligo d’indennizzo per il prezzo del biglietto qualora il ritardo sia imputabile anche a una causa di forza maggiore. Ergo, maltempo compreso.

Bene, cosa può fare allora il singolo passeggero nella pratica? Chiedere, nei casi sopra citati e per i biglietti di corsa semplice su treno regionale, un rimborso parziale del prezzo del biglietto.

Nel caso di ritardo tra il luogo di partenza e il luogo di destinazione indicati sul biglietto, il passeggero potrà chiedere un’indennità pari a:

  • 25% del prezzo del biglietto in caso di ritardo compreso tra 60 e 119 minuti (tale indennità è riconosciuta per biglietti pari almeno a €16,00);
  • 50% del prezzo del biglietto in caso di ritardo dai 120 minuti in su (tale indennità è riconosciuta per biglietti pari almeno a €8,00).

E questo, facendosi due calcoli veloci, cosa significa? Che non si possono MAI avere rimborsi per biglietti di importo inferiore a 8€! Non solo, per i biglietti tra gli 8€ e i 16€, bisogna “sperare” in un ritardo di almeno due ore per avere un rimborso del 50% (quindi compreso tra 4€ e 8€). E tutto questo, tra l’altro, in contrasto con quanto previsto dalla Corte Europea, ovvero che, a seguito di un ritardo superiore ai 60 minuti, il biglietto va sempre rimborsato. Inutile sottolineare come questo escluda tutti quei viaggiatori su piccola tratta.

Un’altra situazione, purtroppo diffusa, è quella in cui si acquista un biglietto ma, successivamente, dal momento che il servizio non è più garantito (per cancellazioni o ritardi) si opta per mezzi di trasporto alternativi. Perché in questo caso si dovrebbe avere un rimborso parziale piuttosto che totale?

I pendolari, per far fronte a questi disagi, si sono messi in rete sfruttando i canali dei social network per condividere informazioni utili in tempo reale e per sdrammatizzare le talvolta rocambolesche e surreali avventure che si trovano ad affrontare, giorno per giorno. Per fortuna che il senso dell’umorismo non manca! Di seguito qualche scatto di chi, decidendo di non farsi venire il fegato amaro, affronta la giornata e i suoi imprevisti con il sorriso e ci fa pensare: domani è un altro giorno!





Photo Credit: Foto prese, con il consenso degli amministratori, dal gruppo Facebook “ Io odio Trenitalia” e “Aspettando Trenitalia”.

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Fondi comuni di investimento: occorre saper negoziare

Bene, in banca questo succede!
E avviene con l’acquisto di quote dei fondi comuni di investimento, il prodotto di investimento piu’ venduto. E’ il caso quindi di dare un po’ di informazioni al riguardo visto che mi arrivano continue sollecitazioni a scrivere per spiegare i meccanismi e le caratteristiche di questi prodotti spesso omesse (per consolidata strategia commerciale) dai consulenti bancari.
Tra le più frequenti domande che mi vengono sottoposte, una infatti e’ costante: “quando mi propongono un fondo comune di investimento a cosa devo stare attento?”
Con la sottoscrizione di un fondo comune di investimento il risparmiatore acquista una fetta di una torta, di un patrimonio comune, i cui ingredienti (titoli di diversa tipologia) sono scelti da un esperto (!!!) pasticciere (società di gestione quasi sempre controllate da una banca) in base ai gusti (proprio profilo di rischio) e ai bisogni del risparmiatore. Il valore della quota (fetta di torta) varia quotidianamente o settimanalmente e viene pubblicato sui principali quotidiani d’informazione. Attenzione: non è prevista contrattualmente alcuna garanzia di rendimento minimo o di mantenimento del capitale inizialmente versato.
Ad ogni modo il primo passo che dovrebbe fare il risparmiatore che decide di sottoscrivere quote di un fondo comune d’investimento e’ quello di tenere in considerazione alcuni elementi, specificati in modo sintetico in un prospetto di 2/3 pagine denominato KIID (acronimo di Key Investor Information Document) che contiene appunto le informazioni chiave per gli investitori. Non sostituisce il prospetto informativo, troppo lungo (13-15 pagine) per essere consultato, ma ha il vantaggio della sintesi. Mi raccomando: il documento deve essere richiesto e letto prima di sottoscrivere l’investimento, non contestualmente alla firma! E la banca e’ obbligata alla consegna. Ovviamente delle 4 sezioni di cui e’ composto il documento quella da leggere più attentamente riguarda le spese, cioè i costi sostenuti dal risparmiatore.
I fondi comuni di investimento presentano quattro voci di costo: commissioni di entrata, commissioni di uscita, commissioni di gestione e commissioni di performance. L’unica sempre presente è la commissione di gestione annua che serve a remunerare la SGR (la società che gestisce il vostro risparmio) e la rete di distribuzione (chi ve lo vende). Le altre commissioni possono non essere presenti, oppure possono essere oggetto di “trattativa” con il vostro consulente.
Ed a tal proposito occorre dire che la più subdola di tutte è la commissione di incentivo (performance fee). Si tratta di un compenso che il gestore del fondo, talvolta, si attribuisce nel caso in cui la performance superi un determinato indice o un obiettivo prefissato. La metafora del meccanico d’auto rende al riguardo . In questo caso fate quindi attenzione alla modalità e alla periodicità di calcolo dell’onere. Più è alta la frequenza con cui viene calcolata, più aumentano le occasioni di pagamento. Ma l’agguato è sempre dietro l’angolo. Infatti, a tal proposito, anche se è vero che per i fondi di diritto italiano la Banca d’Italia vieta di calcolare la commissione più di una volta ogni 12 mesi, e’ opportuno sapere che i fondi maggiormente venduti… non sono di diritto italiano!
Sono quelli di diritto estero (lussemburghesi o irlandesi) che prevedono una modalità di calcolo anche con una periodicità diversa. In tal caso chiedete i fondi con la clausola high-water mark che calcola appunto la commissione di performance tenendo conto non soltanto dei rendimenti positivi, ma anche delle eventuali perdite pregresse. Un esempio: si supponga di aver sottoscritto nel 2016 un fondo al prezzo di € 10 e che a fine anno il valore si sia ridotto a € 8. Se nel 2017 il valore del fondo fosse aumentato da € 8 a € 9, (quindi con una performance annuale positiva) a fine anno non sarebbe potuto scattare il calcolo della commissione di incentivo per l’anno in corso. Per effetto della clausola descritta, invece, finchè il valore del fondo non si sia riportato al di sopra del valore iniziale di € 10 non è previsto l’addebito della commissione

Poi c’è la commissione di ingresso, che in certi casi può arrivare anche al 5 per cento del valore investito. Negoziate efficacemente perché può essere ridotta o addirittura azzerata (soprattutto se l’acquisto e’ fatto on line) rispetto allo standard.
Molto difficile, se presente, risulta invece la “negoziazione” della commissione di uscita. Il motivo è semplice: nella fase di vendita del prodotto il consulente è disponibile a sconti pur di chiudere l’affare perché ha comunque la commissione di gestione che lo remunera. Quando invece il risparmiatore riscatta il fondo, e quindi cessa il guadagno della banca (attraverso la commissione di gestione), quest’ultimo è meno disponibile ad applicare sconti sulla commissione di uscita. Essa può essere fissa oppure decrescente nel tempo, in base al periodo di possesso del fondo. Più a lungo un risparmiatore detiene il fondo (pagando quindi più commissioni di gestione annue) minore sarà l’entità della tariffa di uscita da sostenere. Non sempre, anche per ragioni di spazio, nel KIID viene dettagliata l’entità della riduzione della commissione di uscita nel tempo. In questo caso, piuttosto che leggere le 15 pagine di un prospetto informativo, fate la domanda direttamente al consulente.
Di solito le commissioni di entrata e di uscita sono in alternativa, ma talvolta possono essere presenti entrambe.

Qualcosa in più sappiamo? Ad ogni modo non dimenticate mai il “giubbotto antiproiettile” (che puo’ essere anche la scelta di un consulente indipendente) prima di varcare la soglia delle cattedrali bancarie.

Alla prossima!

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Fondi comuni di investimento: occorre saper negoziare

Bene, in banca questo succede!
E avviene con l’acquisto di quote dei fondi comuni di investimento, il prodotto di investimento piu’ venduto. E’ il caso quindi di dare un po’ di informazioni al riguardo visto che mi arrivano continue sollecitazioni a scrivere per spiegare i meccanismi e le caratteristiche di questi prodotti spesso omesse (per consolidata strategia commerciale) dai consulenti bancari.
Tra le più frequenti domande che mi vengono sottoposte, una infatti e’ costante: “quando mi propongono un fondo comune di investimento a cosa devo stare attento?”
Con la sottoscrizione di un fondo comune di investimento il risparmiatore acquista una fetta di una torta, di un patrimonio comune, i cui ingredienti (titoli di diversa tipologia) sono scelti da un esperto (!!!) pasticciere (società di gestione quasi sempre controllate da una banca) in base ai gusti (proprio profilo di rischio) e ai bisogni del risparmiatore. Il valore della quota (fetta di torta) varia quotidianamente o settimanalmente e viene pubblicato sui principali quotidiani d’informazione. Attenzione: non è prevista contrattualmente alcuna garanzia di rendimento minimo o di mantenimento del capitale inizialmente versato.
Ad ogni modo il primo passo che dovrebbe fare il risparmiatore che decide di sottoscrivere quote di un fondo comune d’investimento e’ quello di tenere in considerazione alcuni elementi, specificati in modo sintetico in un prospetto di 2/3 pagine denominato KIID (acronimo di Key Investor Information Document) che contiene appunto le informazioni chiave per gli investitori. Non sostituisce il prospetto informativo, troppo lungo (13-15 pagine) per essere consultato, ma ha il vantaggio della sintesi. Mi raccomando: il documento deve essere richiesto e letto prima di sottoscrivere l’investimento, non contestualmente alla firma! E la banca e’ obbligata alla consegna. Ovviamente delle 4 sezioni di cui e’ composto il documento quella da leggere più attentamente riguarda le spese, cioè i costi sostenuti dal risparmiatore.
I fondi comuni di investimento presentano quattro voci di costo: commissioni di entrata, commissioni di uscita, commissioni di gestione e commissioni di performance. L’unica sempre presente è la commissione di gestione annua che serve a remunerare la SGR (la società che gestisce il vostro risparmio) e la rete di distribuzione (chi ve lo vende). Le altre commissioni possono non essere presenti, oppure possono essere oggetto di “trattativa” con il vostro consulente.
Ed a tal proposito occorre dire che la più subdola di tutte è la commissione di incentivo (performance fee). Si tratta di un compenso che il gestore del fondo, talvolta, si attribuisce nel caso in cui la performance superi un determinato indice o un obiettivo prefissato. La metafora del meccanico d’auto rende al riguardo . In questo caso fate quindi attenzione alla modalità e alla periodicità di calcolo dell’onere. Più è alta la frequenza con cui viene calcolata, più aumentano le occasioni di pagamento. Ma l’agguato è sempre dietro l’angolo. Infatti, a tal proposito, anche se è vero che per i fondi di diritto italiano la Banca d’Italia vieta di calcolare la commissione più di una volta ogni 12 mesi, e’ opportuno sapere che i fondi maggiormente venduti… non sono di diritto italiano!
Sono quelli di diritto estero (lussemburghesi o irlandesi) che prevedono una modalità di calcolo anche con una periodicità diversa. In tal caso chiedete i fondi con la clausola high-water mark che calcola appunto la commissione di performance tenendo conto non soltanto dei rendimenti positivi, ma anche delle eventuali perdite pregresse. Un esempio: si supponga di aver sottoscritto nel 2016 un fondo al prezzo di € 10 e che a fine anno il valore si sia ridotto a € 8. Se nel 2017 il valore del fondo fosse aumentato da € 8 a € 9, (quindi con una performance annuale positiva) a fine anno non sarebbe potuto scattare il calcolo della commissione di incentivo per l’anno in corso. Per effetto della clausola descritta, invece, finchè il valore del fondo non si sia riportato al di sopra del valore iniziale di € 10 non è previsto l’addebito della commissione

Poi c’è la commissione di ingresso, che in certi casi può arrivare anche al 5 per cento del valore investito. Negoziate efficacemente perché può essere ridotta o addirittura azzerata (soprattutto se l’acquisto e’ fatto on line) rispetto allo standard.
Molto difficile, se presente, risulta invece la “negoziazione” della commissione di uscita. Il motivo è semplice: nella fase di vendita del prodotto il consulente è disponibile a sconti pur di chiudere l’affare perché ha comunque la commissione di gestione che lo remunera. Quando invece il risparmiatore riscatta il fondo, e quindi cessa il guadagno della banca (attraverso la commissione di gestione), quest’ultimo è meno disponibile ad applicare sconti sulla commissione di uscita. Essa può essere fissa oppure decrescente nel tempo, in base al periodo di possesso del fondo. Più a lungo un risparmiatore detiene il fondo (pagando quindi più commissioni di gestione annue) minore sarà l’entità della tariffa di uscita da sostenere. Non sempre, anche per ragioni di spazio, nel KIID viene dettagliata l’entità della riduzione della commissione di uscita nel tempo. In questo caso, piuttosto che leggere le 15 pagine di un prospetto informativo, fate la domanda direttamente al consulente.
Di solito le commissioni di entrata e di uscita sono in alternativa, ma talvolta possono essere presenti entrambe.

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Edifici Near Zero Energy e dai materiali riciclati, obiettivi a portata di mano

Obiettivo edifici ad energia quasi zero, obiettivo riciclo materiali: l’edilizia oggi ha tutte le carte in regola per centrarli. Normativa, informazione e compentenze sono le chiavi.

La Direttiva europea 31/2010, EPBD 2 (Energy Performance of Buildings Directive), sulla prestazione energetica in edilizia, individua una chiara traiettoria di cambiamento per il settore delle costruzioni: dal 1° gennaio 2019 infatti tutti i nuovi edifici pubblici dell’UE (scuole, sedi comunali, biblioteche ecc..), e dal 1° gennaio 2021 tutti quelli nuovi privati, dovranno essere “Near Zero Energy”.

Ma cosa sono gli edifici a energia quasi zero? E che caratteristiche devono avere? Secondo la definizione piuttosto vaga fornita dalla Direttiva e ripresa dal Decreto di recepimento, l’edifico a energia quasi zero è un “edificio ad altissima prestazione energetica … con un fabbisogno energetico molto basso o quasi nullo, coperto in misura significativa da energia da fonti rinnovabili, prodotta all’interno del confine del sistema (in situ)“. “Near zero” significa quindi garantire prestazioni di rendimento tali da non aver bisogno di apporti ulteriori per il riscaldamento ed il raffrescamento, oppure che dovranno essere soddisfatti attraverso l’apporto di fonti rinnovabili.

Un obiettivo prestazionale che comporta una innovazione profondissima rispetto alla progettazione e ai cantieri, ed anche alla gestione successiva degli edifici, i quali dovranno garantire queste prestazioni attraverso materiali, impianti e sistemi risultati certificabili.

 Dal punto divista progettuale, le scelte che riguardano gli edifici con prestazioni al limite dell’autosufficienza energetica, si inseriscono in un percorso che si è già avviato da tempo  e che ha portato anche a determinare in maniera puntuale gli interventi necessari, tra i quali si citano come esempi: 

  • l’uso esteso dei materiali isolanti, di sistemi vegetali ombreggianti, l’installazione di dispositivi schermanti;

  • la diffusione dei principi costruttivi dell’architettura bioclimatica;

  • l’impiego delle fonti energetiche rinnovabili quali fonti energetiche primarie, da utilizzare al massimo delle loro potenzialità e l’attribuzione, per le fonti energetiche convenzionali, di una funzione integrativa e/o di backup per l’edificio;

  • lo sfruttamento dell’inerzia termica dell’edificio per ridurre le potenze degli impianti;

  • l’utilizzo della domotica per gestire in modo ottimale i servizi energetici.

Ci sono poi altre novità importanti:

  • La Direttiva 2008/98/CE, che riguarda invece il riutilizzo e il riciclo dei materiali provenienti da costruzione e demolizione (C&D), indica con chiarezza l’obiettivo del 70% di utilizzo di materiali da riciclo al 2020, e la necessità di accompagnare nei diversi Paesi, attraverso specifici provvedimenti, il target.

  • A livello europeo sono stati introdotti dei criteri per il Green Public Procurement, ossia criteri da impiegare all’interno delle gare per l’acquisto di beni e servizi da parte delle pubbliche amministrazioni (GPP Criteria for Office Building Design, Construction and Management del Maggio 2016).

  • Spostandosi in Italia, nel D.Lgs 50/2016, articoli 17-19 (Codice degli appalti) sono state introdotte disposizioni per il contenimento dell’uso eccessivo di risorse naturali e per agevolare il ricorso agli appalti verdi, da adottare sempre con Decreti del Ministero dell’Ambiente, attraverso la valutazione dei costi del ciclo di vita, inclusa la fase di smaltimento e recupero e l’introduzione di criteri ambientali minimi negli appalti pubblici (CAM).

In questo scenario di evoluzione normativa e scadenze a breve, molti sono i modi in cui la politica e gli enti deputati a legiferare o regolamentare, anche premiando, possono agire come volano per l’attuazione degli obiettivi di efficientamento energetico degli edifici, dello sviluppo delle rinnovabili, del riciclo e recupero dei materiali.

L’Europa, come si è visto, questa strada l’ha già scelta ed è molto chiara, deve però essere supportata da scelte altrettanto chiare e coerenti da parte degli Stati membri che aiutino a superare le barriere tecniche e giuridiche, ma anche di informazione.

Oggi non ci sono più nemmeno motivazioni tecniche che possono essere usate come scuse per rinviare la scelta di un approccio davvero incentrato sulla sostenibilità del settore; i materali e i sistemi certificati innovativi e sostenibili da utilizzare ci sono.  Legambiente e Osservatorio Recycle hanno messo a punto un Rapporto di 100 schede, detto anche Libreria MAINN,  di tecnologie che permettono di trasformare un problema – ad esempio i rifiuti derivati dalle demolizioni, un tema di proporzioni enormi nel centro Italia dopo i terremoti recenti- in una risorsa, attraverso la trasformazione in mattoni. Oppure di materiali compositi che utilizzano materie naturali con prestazioni certificate attraverso il recupero di usi e competenze antiche. Ma anche di sistemi pensati per migliorare le prestazioni antisismiche nella riqualificazione del patrimonio edilizio – tema purtroppo di grande attualità – o per raggiungere standard energetici e ambientali elevati.

E bisogna sempre tenere presente che tutto ciò che viene ora investito in innovazione consentirà anche in futuro di abbattere i costi di intervento e di lavorare su riqualificazioni meno invasive.

Il settore dell’edilizia che fino a ieri è stato considerato tra quelli con il più alto impatto ambientale e consumo di materiali, oltre che di suolo, oggi può rappresentare un tassello fondamentale della rivoluzione dell’economia circolare e di quella energetica, con un contributo importante alla lotta ai cambiamenti climatici e all’inquinamento atmosferico.

Attenzione, non è un tema solo per ricercatori o addetti ai lavori. Perchè solo se il settore edilizio diventerà davvero trasparente e credibile, si potrà, oltre che a diffondere questi materiali e tecnologie a beneficio dell’ambiente e della salute, rispettare il diritto di una famiglia a vivere in una casa costruita con materiali naturali e sistemi di risparmio efficaci, come magari gli è stato detto al momento dell’acquisto.

Fonti:

http://www.nextville.it/normativa/1033/direttiva-parlamento-europeo-e-consiglio-ue-2010-3/

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http://www.cened.it/lombardiapiu

LombardiA+. L’edilizia a consumo quasi zero in Lombardia”- realizzato dall’Organismo di accreditamento con il contributo del Dipartimento BEST del Politecnico di Milano.

Autore: Maria Antonientta Giffoni, http://www.nextville.it/news/1365

http://fonti-rinnovabili.it/mainn/

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