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mercoledì 11 aprile 2018

E’ possibile difendersi dall’inquinamento dell’aria con un purificatore?

Secondo i dati disponibili sulla mappa interattiva dell’Oms, attualmente, in Europa – Polonia a parte – siamo il Paese con le peggiori condizioni di inquinamento dell’aria. Nessuna grande metropoli britannica, francese, spagnola, tedesca e via dicendo ha una concentrazione di polveri sottili paragonabile alla pianura padana.

Ma oltre alla Pianura Padana, secondo un rapporto messo a punto da Enea lo scorso settembre, e inutilmente presentato a suo tempo in Senato, sono particolarmente inquinate anche Napoli e Taranto (città affacciate sul mare!), la Sicilia sudorientale (un’isola!), Frosinone, Benevento, Roma (anch’essa vicina al mare) e la valle dell’Arno. Secondo l’Oms, questo ci costa 1.500 decessi per milione di abitanti ogni anno, per un totale che oscilla tra le 20 e le 50mila vittime l’anno. Il numero più alto di tutta Europa, appunto.

A questo dobbiamo aggiungere l’inquinamento indoor: un mix composto certamente dall’aria esterna, a cui si sommano le emissioni domestiche: detersivi, detergenti, deodoranti e profumi, riscaldamento, muffe, emissioni di elettrodomestici (come in particolare gli aspirapolvere o le asciugatrici) e da tutta una serie di sostanze chimiche dannose rilasciate da mobili, divani (pensiamo alle sostanze ignifughe) e dall’arredamento in generale. Secondo un calcolo dell’Oms, l’inquinamento dell’aria domestica solo da agenti biologici (quindi muffe e batteri che proliferano nei condizionatori o nei radiatori) aumenta il rischio di malattie respiratorie del 50%.

Per questi motivi, il mercato dei purificatori d’aria è in costante e fortissima crescita. Secondo i dati emersi lo scorso aprile a Lisbona, al Global Press Conference di IFA, tra le vendite mondiali più interessanti c’è proprio questo comparto, cresciuto in un anno del 20% per un fatturato di 1,9 miliardi. Secondo Statista, le vendite del settore, partendo dai 5,97 milioni di purificatori venduti globalmente nel 2015, arriveranno a 21 milioni nel 2021. Anche perché oggi, adulti e bambini passano in ambienti chiusi la stragrande maggioranza del loro tempo: anzi, siamo fortunati se durante l’inverno stiamo all’aria aperta 20-30 minuti al giorno. E sembra chiara l’importanza di purificare almeno quell’aria, se fosse possibile.

Ma i purificatori sono efficaci? Ne esistono di testati in modo scientifico? Secondo Angelo Manetti, ricercatore del Centro Sicurezza e Medicina del Lavoro di Milano, ci siamo quasi. La vera svolta per questi gingilli sarà l’introduzione, in parte già esistente, ma non testata in modo indipendente, di purificatori provvisti sì di filtri Hepa (acronimo per High-Efficiency Particulate Air) e filtri ai carboni attivi, ma soprattutto provvisti di lampade UV super efficienti, in grado di abbattere la composizione chimica delle sostanze nocive, e soprattutto di mantenere batteriologicamente pulito il filtro. Proprio come per i purificatori dell’acqua, infatti, il problema non è tanto filtrare, ma trovare il modo di mantenere pulito il filtro: altrimenti, in breve tempo, diventa un ricettacolo di batteri potenzialmente pericolosi che possono peggiorare la situazione.

L’innovazione è nata come applicazione militare negli Usa, ed è straordinaria anche perché ha una manutenzione molto semplice ed economica – mi spiega Manetti.– Al contrario dei purificatori in commercio finora, che promettono miracoli ma non hanno dati scientifici robusti a dimostrarne l’efficacia, questo sistema abbatte fino all’80% gli inquinanti più pericolosi. Una delle aziende che sta lavorando a un prodotto domestico con questa tecnologia è la Refineair di Salerno, in collaborazione con l’Università locale”. Al momento però non è ancora disponibile una versione “compatta”, da casa o da ufficio.

Maria Pia Pedeferri lavora su questi temi da 15 anni al Politecnico di Milano e conferma l’utilità del sistema che integra lampade UV. Attualmente sul mercato le troviamo in pochi modelli (Daikin, AirKnight e Philips), che non hanno una documentazione scientifica a supporto della loro efficacia. Hanno una tecnologia intelligente, ma nessuna certificazione valida o indipendente che la attesti.

Comunque sì, un purificatore domestico oggi può migliorare l’aria indoor. Lo faceva già 10 anni fa, ma oggi non c’è più la sola filtrazione: come detto, si sfrutta la fotocalisi, ovvero la luce ultravioletta che accelera le reazioni dei filtri. Lo stesso principio che si trova, ad esempio, nel cemento mangiasmog, quello del Palazzo Italia di Expo per capirci: la luce solare accelerava le azioni di degrado. L’aspetto più interessante nell’ambito domestico è la riduzione della carica batterica, mentre si catturano patogeni pericolosi come le polveri ultra sottili”. Queste applicazioni arriveranno a breve anche nelle cappe domestiche, che andrebbero lavate o sostituite ogni 2-3 mesi ma in pochissimi lo fanno: rendendone di fatto inutile se non dannoso l’utilizzo. Speriamo arrivino anche negli sfiatatoi delle pizzerie a legna: una fonte di inquinamento inaccettabile, perché enorme e facilmente evitabile, almeno nelle grandi città.

Stiamo lavorando molto su questo tema, da parecchio tempo, anche se restiamo in un ambito ancora in fase di ricerca e sviluppo. In tempi ragionevoli ci aspettiamo in commercio dispositivi molto più efficaci di quelli attuali – conferma anche Alberto Cigada, docente al Politecnico di Milano -. L’inquinamento aereo si compone di 3 grossi fattori: il particolato solido (pm 10 e 2.5), gli inquinanti chimici, i NOx e i composti volatili da cottura di cibi e il fumo. Ma il terzo e più importante fattore è la carica batterica, specialmente se andiamo a vedere l’aria in uscita dagli impianti di condizionamento, che possono diffondere legionella e altri batteri pericolosi. I nuovi prodotti in arrivo avranno un enorme potenziale, e la tendenza sarà di ridurli alle dimensioni di una pliche da appendere al muro, avranno la stessa funzione di una lampada, ma saranno in grado di rendere davvero più pulita l’aria”.

In definitiva abbiamo una certezza. L’aria delle aree chiuse in cui viviamo è pessima: parte male o malissimo alla fonte, e peggiora ferocemente per via degli impianti di riscaldamento e raffreddamento che fanno proliferare i batteri. Infine, peggiora ulteriormente per via per esempio di quel che usiamo nel tentativo di pulire, e che invece, in realtà, sporca, come la maggior parte dei detersivi, o a causa delle emissioni che dertivano dall’arredamento. Un purificatore può aiutare? Sì, e modelli ancora più efficaci di quelli esistenti stanno per entrare in commercio.

Quello che non possiamo comunque ignorare è che per migliorare la qualità dell’aria che respiriamo dobbiamo intervenire prima di tutto sulle nostre abitudini. Limitando il riscaldamento e umidificando gli ambienti, riducendo l’uso di detersivi e scegliendoli tra i meno dannosi per le persone e l’ambiente, preferendo un arredamento il più possibile naturale e vernici atossiche.

Anche le piante, notoriamente, possono aiutarci molto, perché assorbono inquinanti, ma mai quanto fornire le stampanti (a casa o in ufficio) di banalissimi filtri che costano pochi euro, o lavare periodicamente quelli degli  aspirapolveri, dei condizionatori o delle cappe della cucina.

Sapevate che in Cina, dopo aver ritinteggiato, le famiglie lasciano l’appartamento anche per tre mesi? E non a caso stiamo preparando un’inchiesta sulle pitture atossiche…
Sapevate che ogni nuovo pezzo del vostro arredamento può continuare a emettere sostanze nocive per mesi o anni dopo l’acquisto?

Un ultimissimo, banale, ma fondamentale passo da fare per migliorare l’aria delle nostre case è poi contribuire a migliorare quella fuori casa: di nuovo abbassando il riscaldamento, eliminando stufe e camini a legna o pellets (oggi finanziati con soldi pubblici in Italia), e passando alla mobilità sostenibile, sfruttando il più possibile i nostri piedi per muoverci, i mezzi pubblici e la bicicletta. Ricordandoci anche che utilizzare un nuovo, l’ennesimo, elettrodomestico, per pulire l’aria è in fondo un controsenso: aumenteremo il nostro consumo di energia, contribuendo direttamente a inquinare. A meno che l’energia non la si prenda dal sole!

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